martedì 11 giugno 2013

Chiacchierata con una studentessa di cinema...

Arrivo al  Dipartimento di Arti e Scienze dello spettacolo della Sapienza di Roma, alla facoltà di Scienze Umanistiche ed incontro lei, Silvia Pezzopane, una ragazza volenterosa pronta a darmi una mano anche in un periodo serrato come quello della sessione estiva. Inizia il suo background, la sua storia, seduti al tavolino di un bar...

E' all'ultimo anno e dopo aver raggiunto una preparazione abbastanza generale vorrebbe specializzarsi in costume di scena e scenografia, lavora nel settore da tempo ed ha intrapreso esperienze come curatrice di costumi o scenografie. Condivide la sua passione con altri ragazzi con i quali  autoproduce  piccoli progetti come videoclip o corti (http://genero.tv/watch-video/35813).

I suoi occhi hanno uno strano scintillio quando le chiedo come si è avvicinata al cinema e quando ha deciso di investire in questo settore tutto il suo futuro, "ho sempre avuto la passione dello spettacolo, sia teatrale che cinematografico, passando per la danza, e tento di unirla ad un'altra mia grande passione: quella per gli abiti, i tessuti e il riuso di materiali in ambito artistico." Ho pensato in quel momento che nessuno più di una giovane ed appassionata studentessa, ricca di idee e forza di volontà, potesse essermi d'aiuto nel progettare la mia piccola scuola cinematografica, aperta alla comunità, all'innovazione e perché no … al riuso di materiali in ambito artistico. 

Parliamo di tutto, dal Festival del Cinema di Roma, secondo lei poco pubblicizzato con costi abbastanza elevati, frequentato quasi sempre da cinefili, studenti e giornalisti e poche persone "normali" che vogliono godersi del cinema nuovo, a come l'arte dello spettacolo possa approcciarsi diversamente al grande pubblico. "Credo sia un'idea interessante mettere realmente a stretto contatto studenti di cinema con un festival come questo, senza far spegnere i riflettori sull'evento per il resto delle altre 51 settimane dell'anno" dice immaginandosi già li, indaffarata dietro le quinte.
E' particolarmente interessata al progetto Urban Voids, alla rinfunzionalizzazione di spazi interstiziali, abbandonati o degradati e tira un sospiro di sollievo quando consta che nelle università certi temi si trattano ancora e che, almeno nel percorso di studi, si pensa a certe tematiche che poi, chissà come, nel mondo reale vengono sempre soppiantate da colate di cemento e nuovo sfruttamento di suolo.
Iniziamo una chiacchierata più specifica sul progetto vero e proprio: "le persone dovrebbero recarsi in un posto come questo non semplicemente per vedere un film, ma per seguire dibattiti e cineforum, per stare a contatto con chi lavora nell'ambito alla maniera dei cinema d'essay, lasciando alle altre sale cinematografiche di Roma il mainstream e curando qui un altro aspetto del cinema, quello culturale e quasi totalmente celato al grande pubblico, innescando così un dinamismo che abbia impatto a livello territoriale e diventi un canale di interazione sociale". Mi confida che avendone la possibilità, sarebbe la prima a finanziare un progetto del genere e che se esistesse davvero sarebbe ben felice di continuarci a studiare e collaborare. Ma giungiamo a questioni più tecniche: "Di che cosa necessita una piccola scuola di cinematografia? Come la organizzeresti ?". Silvia sogna corsi di montaggio audio-video, di fotografia, trucco e abiti ed uno studio di ripresa indipendente con vari set ed un'illuminazione totalmente artificiale per un migliore risultato finale. Lo spazio espositivo lo immagina come un atelier dove gli studenti possano mettere in mostra i propri lavori e la scuola viva, aperta anche durante la notte, sia per iniziative serali promosse dalla stessa struttura sia per consentire agli studenti di proseguire il proprio lavoro. 
Conclude dicendo "Passerei le mie giornate in un luogo di incontro e cultura come quello che mi stai illustrando, grazie per questo piccolo film che mi hai permesso di fare con l'immaginazione".


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